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Nono dono: la libertà da egoisticale a sacrificale. La
libertà sacrificale mi dà il discipulare. Il discipulare è piccolare.
Il primo piccolo generato nel tempo dal Padre è il
Figlio. Una sola voglia: venire a piccolare. Prima del suo
finale suscita l’umano con una chiamata: ‘Venite voi che
vi sentite soggiogati dal peso di Satana’. Ma chi si sente?

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la libertà egoisticale,
ed ecco uscir fuori la libertà sacrificale. Rapita.
Restituita. Irrobustita dal visualizzato Figliale. Mi ha insegnato
il mio discipulare, che è: rinnegare me stesso, prendere
la mia croce di odio ecclesiale e seguirlo con devoto,
silenzioso amore sacrificale, per compiere la mia metamorfosi,
come Lui ha compiuto la sua. Davanti a una persona
che non ama più discipulare un altro, mi sono affrettato
a sostituirlo con un verbo carico di emozioni: piccolare,
invece di discipulare.
È fare il piccolo. Proviene dal sentirmi piccolo per generazione
e per concezione piccolare da chi è padre e madre
dei figli. Lo è solo il Padre. Egli ama piccolare il generazione
eternale. Piccolo eternale. È eterna espropriazione
per eterna cessione in persona di Figlio. La radice del suo
piccolare è nell’amore suo sacrificale (immortale). Ma
quello, pur essendo eternale è solo iniziale. Vuole piccolare
di più. Lo è tendenziale. La sua tendenzialità lo fa metamorfosale.
Eccolo allora trasformarsi in un concentrato
estremo di potenzialità piccolari che si esprimono in queste
qualità: espropriabile, cedibile, concepibile, vivibile al
sacrificale o suo o mio. Nella sua metamorfosi è la concezione
e la generazione nel tempo di tutta la sua piccolarità
divina, angelica e umana. Metamorfosi Paterna è concezione
di piccoli. Il primo Piccolo concepito e generato dal
Padre nel tempo, è il Figlio: ‘Il Padre espropriato si cede
in persona di Figlio da vivere al sacrificale’. In quel Figlio
vediamo una sola voglia, una sola incontenibile tensione:
venire a piccolare. Nella pienezza dei tempi viene per davvero,
e viene a piccolare con una modalità e con una intensità
che a nessuno è concesso eguagliare.
Il Figlio Gesù può e vuole liberamente l’impotenza totale
di fronte all’odio ecclesiale. Ci dà piena conferma alla
nozione di piccolare che abbiamo ricavato dal Padre: piccolo
è colui che ‘può e vuole liberamente l’impotenza
davanti al suo nemico’.
Prima del suo piccolare finale, Gesù è impegnato a suscitare
il piccolare umano. Come fa a suscitarlo? Lo fa amando.
La dobbiamo a Matteo la stesura per iscritto di quella
chiamata: ‘Venite a me voi tutti che siete stanchi e aggravati
e io vi conforterò’. La stanchezza che noi conosciamo
meglio è quella fisica dovuta a lavoro diuturno ed esternamente.
Gesù non chiama la persona fisicamente stanca. A
quella si dice: vattene a riposare. Gesù punta lo sguardo su
un’altra stanchezza che non sempre si vede e che non è
facile sentire oggi (dovuta a un giogo opprimente e schiacciante).
Il giogo lo si apponeva al collo dei buoi, perché
con tutta la loro mole mettessero la forza al lavoro da eseguire:
o trainare un peso enorme quale poteva essere un
carro carico, o l’aratro che doveva tagliare il terreno. Gesù
conosce bene la persona.
Un giogo mortificante gli è stato imposto con la forza e
con l’inganno, e un peso schiacciante ha da portare. Un
giogo pesante. Quale?
Il giogo pesante di un amore di odio che mi costringe ad
amarmi e ad odiare. Satana è la mia soggiogatrice.
Irremovibile nell’essere, questo giogo; solo nel fare è eliminabile.
Perché non lo scuotessi via, me ne fa sentire il
piacere. Chi non si sente stanco, non c’è chiamato.
Vengono coloro che si sentono stanchi.

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