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Nono dono: la libertà da egoisticale a sacrificale.
Irrobustita dal visualizzato Figliale.
6) L’unico vero discipulare:
c) non è cultuare esterno ed egoisticale proprio dell’amore
beneficale, ma è il cultuare spirituale e
soprattutto sacrificale (cfr. Gesù con la Samaritana)

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il vecchio
fideato e tutto lo rinnova. Tocca la libertà egoisticale ed
ecco la libertà sacrificale. Satana me l’ha rapita, il visuato
Paterno me l’ha restituita, il visualizzato Figliale me l’ha irrobustita.
Della libertà sacrificale Figliale ho preso a parlare:
1) Il Figlio viene in Gesù a pieno carico sacrificale.
2) Viene a viverlo per mano dell’odio ecclesiale ebraico
che devotamente subisce.
3) Senza alcun lamento se non per la sacrificalità Paterna
al Figlio non concessa.
4) Rimuovendo energicamente la deviazione tentata da
Satana e da Pietro.
5) Insegnando ai suoi con chiara precisione l’unico vero
discipulare.
Per prima cosa sgombra il terreno delle sofisticazioni religiose:
a) Discipulare non è veritare al marginale. Molte le
verità marginali; una sola la centrale: la libertà sacrificale
metamorfosale.
b) Discipulare non è falso cultuare. Culto: è la posa esteriore
assunta da chi sente interiormente realtà di Dio.
Il cristiano che piega il ginocchio davanti al Corpo
dissanguato di Cristo non fa altro che cultuare.
Facile cultuare quando l’uomo si sente umanamente piccolo;
ma or che l’uomo si sente sempre più grande, a cultuare
non ce la fa quasi più. Ieri era facile cultuare l’autorità
ecclesiale; oggi non ce la fa quasi più nessuno se non
per delle mire egoisticali.
1) Gesù ha trovato nel suo popolo un cultuare falso: l’aveva
ridotto a un culto puramente esteriore: ‘Bene ha profetato
Isaia di voi, ipocriti, come è scritto: questo popolo
mi onora con le labbra, ma il loro cuore è ben lontano
da me’.
Cultuare è pure insegnare le verità divine. Neppure
questo si era salvato: ‘Invano mi rendono culto, insegnando
dottrine che sono precetti di uomini’.
2) Pure da noi trova il cultuare falso: il nostro cultuare è
falso perché è vuoto: genuflettiamo e non sentiamo. È
egoisticale: l’amore beneficale è quello che rende in
simpatia e stima; è l’unico che noi annunciamo.
Il sacrificale non rende, e da un pezzo noi l’abbiamo scartato.
Noi cristiani disponiamo di un culto marcatamente
sacrificale: il culto eucaristico: il 40% dei cristiani ci è
ancora domenicalmente fedele: va alla messa domenicale,
prega, adora, celebra l’Eucarestia, mangia l’Eucarestia.
Un culto vago e vuoto, e falso perché non vi attingiamo
nulla di sacrificalità per la vita.
Discipulare non è falso cultuare: non è cultuare puramente
esteriore come il nostro, non è cultuare un amore che se
è beneficale per gli altri, lo è ancor di più per noi, ma con
direzione egoisticale. Discipulare è un cultuare ben diverso.
Al pozzo di Giacobbe in Samaria Gesù va a incontrare
una povera donna la cui vita valeva unicamente per il suo
sessuare sfrenato e incontrollato.
Dal dialogo che si svolge in un modo assai serrato e pungente,
la donna ha l’immediata sensazione di avere a che
fare con un sicuro profeta: ‘Signore, vedo che tu sei un
Profeta’. Per questo gli sottopone un quesito scottante:
dove si deve adorare: sul nostro monte Garizim o sul
monte di Gerusalemme? Né sull’uno, né sull’altro, risponde
Gesù. ‘È giunta l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità’. Il Padre li vuole
così i suoi adoratori, perché Lui è spirito.
E lo adorano vivendone: a ogni umana creatura si dà da
vivere con un battesimo concezionale cresimato al
Paterno. Ma lo spirito Paterno è beneficale per essere
sacrificale. Mi si dà da vivere limitatamente beneficale,
ma integralmente sacrificale. Discipulare non è cultuare
esteriore ed egoisticale, ma interiore e sacrificale.

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